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«Non potevo più stare vicino a un telefonino» – tio.ch – 11.11.25

Parte dell’opinione pubblica è scettica su di loro. Ma a quanto pare sono sempre di più. Il dramma degli elettrosensibili raccontato dall’ingegnere Roberto Wettstein.

Ci mostra una sua immagine risalente al 2014. La sua faccia era piene di macchie rosse. «Frutto di un’intolleranza alle onde elettromagnetiche. Ero stato troppo in mezzo all’elettrosmog insomma», ricorda Roberto Wettstein. Di professione fa l’ingegnere e abita a Comano. Segni particolari: è elettrosensibile.

Lo studio
Smartphone, iPad, connessioni wifi. Per alcune persone la digitalizzazione è un vero incubo. Secondo un sondaggio effettuato dal Politecnico di Zurigo nel 2020 il 10% degli intervistati si è dichiarato elettrosensibile. Mentre il 30.9% non era sicuro di esserlo.

I pregiudizi
Nonostante questo, parte dell’opinione pubblica è parecchio scettica sulla questione delle persone elettrosensibili. Qualcuno sostiene che si tratti semplicemente di persone con problemi di natura psichica. «Posso capire questi pregiudizi – ammette Wettsein –. Su questo tema c’è ancora poca divulgazione. Anche io sarei scettico se non ci fossi passato in prima persona».

«Il mio corpo non reggeva più»
Wettstein ha trascorso una vita a lavorare nel ramo dell’elettricità e dell’energia. Fino al crollo del 2014. «Non dormivo più la notte. Avevo un acufene, un fischio permanente nella testa. Ero spossato, depresso, con le batterie scariche. Avevo davvero accumulato troppo elettrosmog. E il mio corpo non reggeva più. Per disintossicarmi ho dovuto trascorrere un periodo di distacco dalle tecnologie. Andavo a dormire in una casa in cui non c’era nemmeno il riscaldamento».

Svolta professionale 
Un problema che ha portato l’ingegnere anche a una svolta professionale. Oggi si occupa di benessere, di bionomica. Io e il mio team ci occupiamo di prevenzione nell’ambiente, a livello di elettrosmog e di qualità dell’aria. Andiamo anche nelle aziende, così come a casa delle singole persone che ci chiedono aiuto per avere spazi più sani. Attraverso tecniche come la biorisonanza riusciamo a stabilire se una persona è davvero elettrosensibile».

Che incontri
La digitalizzazione avanza. E Wettstein incontra sempre più persone che riscontrano un disagio nel convivere con le nuove tecnologie. «Persone che hanno problemi col sonno, o che non riescono più a vivere nella propria abitazione perché ci sono troppe onde e troppi campi elettrici. Per alcuni è anche impossibile salire sui mezzi pubblici perché girano troppi telefonini. Incontriamo anche titolari di azienda virtuosi che vogliono promuovere il benessere dei propri dipendenti. Noi andiamo sul posto e facciamo tutte le misurazioni necessarie».

Convivere col digitale in modo sano
L’ingegnere di Comano vuole evidenziare un aspetto importante. «Non si tratta di demonizzare le nuove tecnologie. Sono utili. Il concetto è quello di conviverci in maniera sana. Iniziamo da quello che possiamo fare concretamente. È difficile ad esempio ridurre l’elettrosmog di giorno, anche se esistono apparecchi che armonizzano gli ambienti, così come braccialetti che aiutano a subire meno l’effetto delle onde. Di notte possiamo fare la differenza. Tenendo il cellulare spento o in modalità offline ad esempio o spegnendo il wifi. In quel lasso di tempo il nostro corpo si rigenera. Quando lavoravo nel ramo dell’elettricità avevo sempre il telefonino sul comodino…»